Operation Avalanche

L’antifascimo e l’esilio politico nel salernitano

by Maria Tagliento

Dopo lo sbarco degli Alleati, avvenuto il 9 settembre del 1943 per mezzo dell’Operazione Avalanche, l’Italia meridionale venne liberata dal fascismo e divenne il primo simbolo della rinascita politica italiana. Dall’11 febbraio al 15 luglio del ’44 Salerno, che in quel periodo fu sede provvisoria del governo italiano, vide rifiorire tutte le idee politiche messe al bando dal fascismo, quasi anticipando la grande primavera del ’45. Alcuni dei protagonisti di questi mesi furono, insieme al popolo autoctono, le vittime dell’esilio politico, che erano stati confinati nel Meridione durante il ventennio fascista. Molti di loro, nell’attesa di rientrare in patria (spesso situata nell’area ancora dominata dalle forze nazi-fasciste), restarono nel luogo in cui erano stati confinati, agendo e contribuendo fortemente alla ripresa della politica locale.

Carlo Levi ad Aliano (a destra)
https://www.isassidimatera.com/basilicata/aliano/

“-Un esiliato? Peccato! Qualcuno a Roma ti ha voluto male-.”
Così Carlo Levi, citando le semplici parole di un contadino lucano che nulla sapeva e nulla voleva sapere dello Stato, offre al lettore del suo Cristo si è fermato a Eboli un’immagine chiara e universale di ciò che è l’esilio politico, ovvero l’allontanamento forzato di un individuo a cui effettivamente lo Stato ha voluto male. Ma perché? Allontanarlo da cosa? E perché?
Solitamente il confino politico veniva e -in molte parti del mondo- viene tutt’oggi perpetrato da stati autoritari e intolleranti verso la diffusione di idee politico-culturali contrarie o diverse da quelle promosse dal proprio governo. Questa opzione è stata spesso scelta per evitare lo scandalo che sarebbe derivato invece dall’incarcerazione o addirittura dall’uccisione dei soggetti considerati “pericolosi”, soprattutto se tra questi vi sono personalità socialmente e culturalmente influenti.
La destinazione invece è sempre stata variabile, stabilita di volta in volta in base alle esigenze dello Stato e alla “pericolosità” del soggetto da esiliare. Generalmente i luoghi privilegiati sono quelli che per loro naturale conformazione impediscono lo spostamento e la comunicazione, come ad esempio le piccole isole. Nel caso dell’Italia fascista, Mussolini pensò di relegare gli individui fastidiosi in luoghi remoti del Paese, preferendo di gran lunga l’esilio interno a quello esterno. Egli sfruttò a suo favore la condizione di grave arretratezza di cui soffriva il Meridione (specie nelle zone dell’entroterra), indicandolo come meta prediletta per l’isolamento politico. La mancanza di servizi, di strade, di ferrovie e di risorse economiche facevano del Sud un luogo che sembrava appositamente creato per l’esilio e che, soprattutto a partire dalla metà degli anni ’30, finì per essere un vero e proprio “ripostiglio fascista”. Numerose furono le personalità di spicco messe al confino; tra queste vi furono Carlo Levi, Antonio Gramsci, Sandro Pertini, Altiero Spinelli e tanti altri. 

Nel periodo che va dal 1926 al 1943 l’esilio divenne così una pratica sistematica, tanto da determinare la nascita di circa 262 colonie di confino, veri e propri insediamenti controllati di antifascisti e altri individui sgraditi allo Stato, come ebrei e omosessuali. Alcuni dei luoghi noti per essere stati grandi colonie di confino sono Ustica, Ventotene, le isole Tremiti, Pisticci e Lipari. La Campania fu tra le regioni che ospitarono tali comunità, sebbene fu meno sfruttata di altre ritenute più conformi allo scopo (es. Basilicata, Puglia e Sicilia). Nella vasta provincia salernitana, considerata -insieme a quella avellinese- come la zona più isolata della regione, furono confinate molte personalità che poi, dopo la liberazione del Sud Italia, furono fondamentali nella lotta antifascista post-bellica e nella ricostituzione dei partiti politici locali. Alcuni di loro furono Mario Garuglieri, Danilo Mannucci, Dina Sernaglia e Ferruccio Parri, che, a stretto contatto con gli antifascisti autoctoni, presero parte attiva alla rinascita politica del salernitano. Questi ultimi, insieme ad altri, saranno l’oggetto degli articoli successivi, che si proporranno di approfondire e raccontare le loro storie.

Il dissidente, quindi, non finiva di essere un pericolo una volta arrivato nel luogo del suo esilio, ma, paradossalmente, era proprio lì che iniziava ad esserlo. Lungi dall’essere spento e demotivato, egli rinvigoriva e utilizzava le sue lunghe giornate, tipiche della sua particolare condizione, per riorganizzare e riaffermare le sue idee, che, una volta libere di circolare, andarono a ricostruire pezzo dopo pezzo, ciò che il fascismo aveva distrutto.

Antonio Gramsci a Ustica nel 1926 (seconda fila dal basso, il primo a sinistra)
Sandro Pertini a Ventotene negli anni ‘30 (al centro con la tuta da meccanico)

foto tratte da https://parentesistoriche.altervista.org/confino-fascismo/

ENGLISH VERSION : ANTI- FASCISM AND POLITICAL EXILE IN SALERNO

After the landing of the Allies on 9 September 1943 with Operation Avalanche, southern Italy was liberated from fascism and became the first symbol of Italian political rebirth. From February 11 to July 15 1944, Salerno, which at that time was the provisional seat of the Italian government, saw all the political ideas banned by fascism flourish, almost anticipating the great spring of 1945.

Some of the protagonists of these months were, along with the indigenous people, the victims of political exile, who had been confined to the South during the fascist twentieth year. Many of them, while waiting to return home (often located in the area still dominated by the Nazi-fascist forces), remained in the place where they had been confined, acting and contributing strongly to the recovery of local politics.

“-An exiled? What a shame ! Someone in Rome wanted to hurt you.” 

Thus Carlo Levi, quoting the simple words of a farmer from Lucano who knew nothing and wanted to know nothing about the state, offers the reader of his Christ stopped at Eboli a clear and universal image of what political exile is, or the forced removal of an individual to whom the State has actually wanted harm. But why? Away from what? And why? Usually the political confino was and -in many parts of the world- is still perpetrated by authoritarian states and intolerant towards the spread of political-cultural ideas contrary or different from those promoted by their own government. This option has often been chosen to avoid the scandal that would have resulted instead from the incarceration or even the killing of subjects considered “dangerous”, especially if among them there are socially and culturally influential personalities.

The destination, on the other hand, has always been variable, established from time to time according to the needs of the State and the “danger” of the subject to be exiled. Generally the preferred places are those that for their natural conformation prevent movement and communication, such as small islands. In the case of fascist Italy, Mussolini thought to relegate annoying individuals in remote places of the country, preferring by far the internal exile to the external one. He exploited the serious backwardness of the South (especially in the hinterland), indicating it as a favorite destination for political isolation. The lack of services, roads, railways and economic resources made the South a place that seemed specially created for exile and that, especially from the mid-1930s, ended up being a real “fascist storehouse”. Numerous prominent personalities were placed in the confino; among them were Carlo Levi, Antonio Gramsci, Sandro Pertini, Altiero Spinelli and many others.

In the period from 1926 to 1943, exile became a systematic practice, so much so that it led to the birth of about 262 colonies of confino, real controlled settlements of anti-fascists and other individuals unwelcome to the state, such as Jews and homosexuals. Some of the places known to have been large colonies of confino are Ustica, Ventotene, the islands Tremiti, Pisticci and Lipari. Campania was one of the regions that hosted such communities, although it was less exploited than other regions considered more appropriate to the purpose (e.g. Basilicata, Puglia and Sicily). In the vast province of Salerno, considered -together with that of Avellino- as the most isolated area of the region, were confined many personalities who then, after the liberation of Southern Italy, were fundamental in the post-fascist anti-fascist strugglewar and in the re-establishment of local political parties. Some of them were Mario Garuglieri, Danilo Mannucci, Dina Sernaglia and Ferruccio Parri, who, in close contact with the native anti-fascists, took an active part in the political rebirth of the Salernitano. The latter, along with others, will be the subject of subsequent articles, which will propose to deepen and tell their stories.

The dissident, then, did not end up being a danger once he arrived at the place of his exile, but, paradoxically, it was just there that he began to be. Far from being dull and demotivated, he reinvigorated and used his long days, typical of his particular condition, to reorganize and reaffirm his ideas, which, once free to circulate, went to rebuild piece by piece, what fascism had destroyed.

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